Sessanta racconti by Dino Buzzati

Sessanta racconti by Dino Buzzati

autore:Dino Buzzati [Buzzati, Dino]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


24

Gli amici

Il liutaio Amedeo Torti e la moglie stavano prendendo il caffè. I bambini erano già andati a letto. I due tacevano, come succedeva spesso. A un tratto lei:

«Vuoi che ti dica una cosa…? È tutto il giorno che ho una sensazione strana… Come se questa sera dovesse venire a trovarci Appacher.»

«Ma non dirle neanche per scherzo queste cose!» fece il marito con un gesto di fastidio. Infatti Toni Appacher, violinista, suo vecchio intimo amico, era morto venti giorni prima.

«Lo so, lo so che è orribile» disse lei «ma è un’idea da cui non riesco a liberarmi.»

«Eh, magari…» mormorò il Torti con una vaga contrizione ma senza voler approfondire l’argomento. E scosse il capo.

Tacquero ancora. Erano le dieci meno un quarto. Poi suonò il campanello della porta. Piuttosto lungo, perentorio. Entrambi ebbero un sussulto.

«Chi sarà a quest’ora?» disse lei. Si udì in anticamera il passo strascicato della Ines, la porta che veniva aperta, poi un sommesso parlottare. La ragazza si affacciò in tinello, pallidissima.

«Ines, chi c’è?» domandò la signora.

La cameriera si rivolse al padrone, balbettando: «Signor Torti, venga lei, un momento, di là… Se sapesse!».

«Ma chi c’è? chi c’è?» chiese rabbiosa la padrona, pur sapendo già benissimo chi fosse.

La Ines si curvò come chi ha da dire cose segretissime. Le parole le uscirono in un soffio: «C’è… c’è… Signor Torti, venga lei… È tornato il maestro Appacher!».

«Che storie!» disse il Torti, irritato da tutti quei misteri, e alla moglie: «Vado io… Tu resta qui».

Uscì nel corridoio buio, urtò nello spigolo di un mobile, d’impeto aprì la porta che dava in anticamera.

Qui, in piedi, con la sua aria un poco timida, c’era Appacher. Non proprio uguale al solito Appacher, bensì alquanto meno sostanzioso, per una specie di indecisione nei contorni. Era un fantasma? Forse non ancora. Forse non si era completamente liberato di ciò che gli uomini definiscono materia. Un fantasma, ma con una certa residua consistenza. Vestito come era sua abitudine di grigio, la camicia a righe azzurre, una cravatta rossa e blu e il cappello di feltro molto floscio ch’egli cincischiava nervosamente tra le mani. (Si intende: un fantasma di vestito, un fantasma di cravatta e così via.)

Il Torti non era un uomo impressionabile. Tutt’altro. Eppure restò lì senza fiato. Non è uno scherzo vedersi ricomparire in casa il più caro e vecchio amico da venti giorni accompagnato al cimitero.

«Amedeo!» fece il povero Appacher, come per tastare il terreno, sorridendo.

«Tu qui? tu qui?» inveì quasi il Torti perché dagli opposti e tumultuosi sentimenti nasceva in lui, chissà come, soltanto una carica di collera. Non doveva essere una consolazione immensa rivedere il perduto amico? Per realizzare un tale incontro Torti non avrebbe dato volentieri i suoi milioni? Sì, certo, lo avrebbe fatto senza pensarci su. Qualsiasi sacrificio. E allora perché adesso questa felicità non la provava? Perché anzi una sorda irritazione? Dopo tante angosce, tanti pianti, tante seccature imposte dalle cosiddette convenienze, bisognava ricominciar da capo? Nei giorni del distacco, la carica di affetto per l’amico era stata smaltita fino in fondo, e ora non ne restava più di disponibile.



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